Il lavoro sul metodo di studio che proponiamo è pensato come strumento utilizzabile
dall’insegnante – meglio ancora dall’intero consiglio di classe – come percorso complessivo oppure a “gettone” singolo, qualora se ne presenti la necessità.
Ogni sezione comprende anche esercizi, letture e questionari, che permettono
di attivare gli studenti e generare dibattiti e riflessioni su tutti i temi che hanno
a che fare con il successo scolastico.
INSEGNARE AD IMPARARE
Tutti gli insegnanti vorrebbero trasmettere ai propri studenti la capacità
di apprendere, in modo da condividere con i ragazzi la soddisfazione e l’entusiasmo che nasce dalla progressiva autonomia, dall’ampliamento degli orizzonti culturali, dall’esercizio dell’intelligenza. E tutti gli insegnanti sperimentano la difficoltà
di insegnare un “metodo di studio” efficace e vedono ogni anno studenti
che abbandonano gli studi. Sappiamo che spesso sintetizziamo il fallimento scolastico di una studente con la formula “manca di un efficace metodo di studio”. Ma le difficoltà che conducono a un fallimento possono essere molto varie,
e comunque il tanto citato “metodo di studio” non è affatto facile da acquisire, altrimenti non avremmo una dispersione scolastica così alta come quella che
si evidenzia nelle scuole superiori italiane. Tre questioni appaiono subito evidenti:
1. BASTANO LE TECNICHE?
Per imparare è necessario un atteggiamento mentale complessivo: motivazione,
responsabilità individuale, fiducia nelle proprie possibilità di apprendimento, strategie utili, capacità di sopportare la fatica intellettuale e la frustrazione.
Spesso, quando a scuola ci si occupa di “metodo di studio” ci si focalizza su uno
solo di questi punti: le strategie utili per la comprensione e la memorizzazione.
Non è facile, infatti, occuparsi direttamente degli altri ingredienti necessari
perché vi sia apprendimento, ma è comunque molto utile tenere sempre presente che esistono e che contano molto. Lo stile del nostro insegnamento potrà favorire
e potenziare le condizioni che aiutano lo studente ad assumere l’atteggiamento
più proficuo per raggiungere i suoi obiettivi.
2. SCOMPORRE UN PROCESSO?
Scomporre in parti il processo di apprendimento è un’operazione artificiale,
persino irritante per chi ne conosce la complessità. D’altra parte non dare indicazioni e tecniche controllabili significa lasciare senza guida proprio quegli studenti più svantaggiati, coloro che hanno avuto poche possibilità di riflessione
sul proprio sapere, o che hanno poca dimestichezza con autovalutazioni o analisi teoriche. Per questo motivo si è scelto di scomporre il processo di apprendimento
in successioni di tappe, "controllabili" e verificabili, che possono aprire nuove forme di autoconsapevolezza per lo studente.
3. DOCENTE / DISCENTE
La terza questione è legata all’importanza della relazione che si stabilisce tra insegnante e allievo. Questo è vero per tutte le situazioni di trasmissione del sapere, ma ha una particolare rilevanza quando si ha a che fare con persone che non sono ancora adulte. Saranno quindi le nostra capacità relazionali e di ascolto, il nostro intuito e la nostra sensibilità a facilitare un rapporto che favorisca la curiosità, potenzi l’autostima e mobiliti le risorse necessarie per l’apprendimento.
MODELLI CULTURALI
Il modo in cui noi docenti abbiamo imparato ad insegnare è legato ai modelli culturali della scuola italiana. Sappiamo che nei Paesi anglosassoni la pratica dell’insegnamento parte da presupposti diversi e conduce a modalità differenti.
Il confronto tra queste diverse impostazioni può essere interessante, se non altro per essere consapevoli del fatto che la strada che seguiamo non è l’unica possibile.
In altre parole, la riflessione sulla didattica resta sempre importante, anche dopo anni e decenni di esperienza di insegnamento.
RIFLESSIONI SULLA DIDATTICA
Nel corso dell’elaborazione della presente unità di lavoro, abbiamo cercato di mettere a fuoco anche le coordinate teoriche più interessanti per il nostro obiettivo.
Abbiamo individuato due approcci che si presentano come molto fecondi e che sono implicitamente presenti nelle pagine che seguono:
- la didattica metacognitiva;
- la didattica per concetti.
Entrambi questi approcci (di cui diremo tra poco le linee essenzialissime) hanno
in comune un ribaltamento della prospettiva più classica della metodologia didattica: anziché occuparsi di quello che noi dobbiamo fare per insegnare, ci si pone qui
il problema di quello che devono fare i nostri alunni per imparare, nel senso
di un’analisi delle successive tappe necessarie per la costruzione del sapere.
DIDATTICA METACOGNITIVA
Partiamo da una domanda: cosa vogliamo sviluppare nei nostri alunni? Conoscenze? Capacità? Atteggiamenti?
Ognuna di queste tappe della formazione culturale dei nostri studenti richiede
un approfondimento: cosa occorre per acquisire conoscenze, abilità, atteggiamenti? Ma, soprattutto per noi che lavoriamo con adolescenti, cosa occorre per favorire atteggiamenti auspicabili nei confronti del sapere?
L’impressione che tutti riportiamo, infatti, è che otteniamo atteggiamenti di segno opposto, che identificano lo studio soltanto come pena, fatica e castigo. Allora,
nel migliore dei casi, l’abilità che lo studente sviluppa maggiormente è la furbizia,
la capacità di far fronte a verifiche e scadenze, di comprendere cosa “vuole”
un insegnante; di interessi, di curiosità intellettuale si può parlare in rarissimi casi.
La didattica metacognitiva mira ad “insegnare a imparare”. Per un allievo imparare ad imparare significa acquisire e applicare consapevolmente comportamenti, strategie, abitudini utili ad un più efficace ed economico processo d'apprendimento. Imparare a imparare è un patrimonio di abilità relativo al “saper essere” ed investe il processo di sviluppo di ogni persona. In forma molto sintetica possiamo dire che:
1. la didattica metacognitiva pone al centro il soggetto che apprende;
2. insegna a saper individuare i problemi prima che le soluzioni;
3. valorizza tutte le personali inclinazioni;
4. valorizza in egual modo attività pratiche e teoriche, sapere e saper fare;
5. favorisce l’abbandono di modalità adulto-centrate e stereotipate di intervento didattico, grazie alla considerazione del soggetto che apprende come costruttore autonomo di conoscenze e di abilità.
DIDATTICA PER CONCETTI
La didattica per concetti si fonda su alcuni principi teorici:
1. il concetto è l’unità-base di conoscenza, la proposizione è un’unità semantica
di concetti legati tra loro, la mappa concettuale evidenzia connessioni tra concetti;
2. l’unica possibilità per costruire un apprendimento significativo consiste nell’elaborazione di reti di sapere in cui le proposizioni siano connesse tra loro.
In caso contrario si ottiene un apprendimento meccanico, che necessita
di un ancoraggio ad una rete significativa per il soggetto per poter rimanere
nella memoria a lungo termine.
Lo strumento della rappresentazione grafica permette di verificare la chiarezza teorica e comunicativa nella fase di preparazione delle lezioni, abitua l’alunno
alla riflessione e alla costruzione attiva di reti di conoscenze, fornisce al docente strumenti di verifica del corretto apprendimento dell’alunno. In sintesi:
1. la didattica per concetti pone al centro la disciplina;
2. privilegia le discipline teoriche a scapito del saper fare;
3. propone un modello di rappresentazione del sapere;
4. pone ciò che lo studente già conosce come unico punto di partenza valido per la
costruzione di un apprendimento significativo.
Si tratta perciò di due approcci diversi ma facilmente integrabili, che permettono
di ritagliarsi un modello adatto alla specificità della propria disciplina, all’età
degli studenti, ai nostri obiettivi didattici.
SCOMPORRE UN PROCESSO?
DIDATTICA METACOGNITIVA
DOCENTE / DISCENTE
DIDATTICA PER CONCETTI
PER GLI INSEGNANTI
INSEGNARE AD IMPARARE
MODELLI CULTURALI
BASTANO LE TECNICHE?
RIFLESSIONI SULLA DIDATTICA