UN PROFITTO DA MONTAGNE RUSSE

1. Successi, bocciatura, cambio d'indirizzo di studi. Una storia tormentata. Perché?

Sinceramente, non la vedo tanto come una storia tormentata, tutt'al più la definirei un susseguirsi di eventi casuali che mi hanno portato dove sono.

Alle elementari e alle medie promettevo bene, sempre tra i primi della classe, non disturbavo molto e avevo un buon metodo di studio;  poi la piena adolescenza ha cominciato a farsi sentire. Sono cresciuto in un quartiere malfamato della periferia Sud-Ovest di Milano, dove quasi tutti con fatica prendono la terza media (altri

non ce la fanno proprio, neanche alle 150 ore) e dove la mentalità è una e uniforme a tutti. Tornando al discorso, venire in una scuola piena di ragazze, conoscere nuova gente e nuove mentalità mi hanno permesso di formarmi e scegliere più liberamente la mia strada, senza l'ombra oscura del quartiere degli Olmi.

Il 1°e 2° anno andò tutto bene, anni indimenticabili, poi arrivò la terza, fu un anno fantastico: a scuola mi divertivo e stavo bene, in quartiere mi divertivo…

Non potevo chiedere di meglio. Ma all'improvviso la magia sparì e mi rimaneva

in mano un foglio con scritto "non ammesso alla classe 4°". Fu un colpo durissimo che si affievolì durante l'estate e mi fece capire che non volevo smettere di studiare. Decisi anche di cambiare indirizzo di studi, passando dal turistico al linguistico. Questo comportò anche gli esami integrativi ai primi di settembre: li superai senza fatica. Se ripenso a quegli anni, dico che rifarei tutto quello che ho fatto.

 

2. Alle elementari e alle medie non avevi quindi problemi di successo scolastico. Come studiavi?

Non ho mai pensato ad un metodo di studio, leggevo 1 o 2 volte e mi rimaneva

in testa; poi quando ho iniziato ad andar male non era perché avessi cambiato metodo, semmai ho iniziato ad avere altri interessi e lo studio è passato in secondo piano: la mia concentrazione, già molto scarsa, si è ridotta al minimo.

 

3. Quando sei arrivato alle superiori, che cosa ti mancava per andare bene?

Anzitutto concentrazione (che porta a un fortissimo rallentamento dei tempi),

voglia di sacrificare i miei pomeriggi con gli amici ed attenzione a scuola.

 

4. Ritieni che sarebbe stato utile sapere "come studiare"?

Senza dubbio sarebbe stato molto meglio essere stato a conoscenza di un efficace metodo di studio piuttosto che studiare a caso, ma in ogni caso il mio problema come ho già detto non era lo studio ma iltempo e la concentrazione che sin dalle elementari mi riduceva sempre ad essere il più lento della classe.

 

5. Raccontaci dell'anno della bocciatura.

Come ho già detto è stato un anno fantastico, tutto andava per il verso giusto, ovviamente tranne la scuola. Comunque avevo una classe unita, simpatica

e a cui volevo un gran bene. Ma ciò che mi divertiva di più quell'anno era stare

e fare ogni giorno qualcosa di diverso con i miei tre compagni di classe. Quindi, com'è normale, pensare troppo al divertimento mi faceva trascurare la scuola

e soprattutto la pessima condotta mi ha portato alla bocciatura.

 

6. Adesso come va, quali sono le tue difficoltà nello studio?

In questo momento non ho grossi problemi nello studio e con i voti me la cavo,

poi con 13 anni di scuola alle spalle sarebbe abbastanza ridicolo avere difficoltà

a studiare. Comunque il problema, non legato allo studio ma alla concentrazione, rimane, faccio sempre tanta fatica a concentrarmi e ne è testimonianza il fatto che ogni volta che ho una qualsiasi interrogazione o compito non faccio mai in tempo

a leggere le pagine più di una volta; anche stando tutto il pomeriggio a casa.

 

7. Secondo te quali sono le cose più importanti per andare bene a scuola?

Sicuramente la concentrazione nelle ore di lezione gioca un ruolo fondamentale,

poi due orette scarse di studio giornaliere ti permettono di avere una buona media. Personalmente i consigli sopracitati non li ho mai seguiti, e la mia media voti

lo dimostra, ma questi sono solo gli insegnamenti che la vita scolastica mi ha dato, poi tocca ad ognuno di noi metterli in pratica.

 

                                                                                                                                                          Matia Piccolo, 4° F

   IO SONO CAMBIATA

Ciao, sono una ragazza di 17 anni e frequento la quarta superiore dell'Istituto Gentileschi. Durante i primi due anni avevo molte difficoltà riguardanti lo studio, ma questo non dipendeva dal rapporto con i professori o con i compagni, bensì dall'atteggiamento che avevo nei confronti della scuola.

Purtroppo il mio problema era l'insicurezza...non avevo fiducia in me stessa. Pensavo, anzi, ero convinta, di non avere le capacità per affrontare verifiche

e interrogazioni... ma soprattutto partivo già dal presupposto "non capisco", "non

ci riesco" e questo mi portava ad aprire il libro e a starci su per ore e ore pensando ad altro. Non andando bene a scuola mi sentivo inferiore a tutti gli altri, e questo

mi spingeva a raccontare molte bugie e a chiudermi in me stessa, non riuscendo così a costruire un dialogo né con i miei insegnanti né con i miei compagni.

Fortunatamente verso la metà della terza superiore è nata un'amicizia con due

mie compagne di classe, due persone disinvolte e solari. Forse questo è stato l'input che mi ha aiutato a cambiare. Volendo imitare, forse inconsapevolmente, il loro modo di relazionarsi alla scuola, ho capito di avere le stesse capacità degli altri; aiutata da una maggiore maturità e da una maggiore sicurezza nelle mie idee,

sono riuscita a trovare un mio metodo di studio. Sono riuscita così a superare

la mia timidezza e posso esprimere le mie opinioni senza il timore di essere assalita dagli altri. Devo dire che adesso ho una vera "fissazione" per la scuola; quando

non porto a termine gli obiettivi prefissati divento nervosa e irrequieta. Faccio tutto il possibile non solo per ottenere ottimi risultati, ma anche per conoscere in modo più approfondito gli argomenti, in modo da farmi sempre una mia opinione

ed essere in grado di esprimere idee personali. Lo so, sono passata da un estremo all'altro, ma ora per me riuscire ad esprimere riflessioni su più argomenti e portare a casa una bella pagella è una vera soddisfazione!

 

 

                                                                        Anna Crivelli, 4° I

 

   ALICE CAMBIA SCUOLA

Alice è una studentessa di prima superiore, arrivata nella nostra scuola in gennaio

e proveniente da una scuola simile per indirizzo. Avendo avuto una pagella poco soddisfacente nel primo quadrimestre e non essendo contenta della scuola in cui

si trovava, ha deciso insieme ai suoi genitori di trasferirsi a metà anno e "ritentare".

Ci racconta la sua esperienza.

 

Sembra impossibile, ma in questa Milano internazionale, “con i suoi sarti ed i suoi industriali” (Francesco de Gregori), in questa Milano fredda e indifferente, troppo stretta per chi si sente cittadino del mondo, esiste un solo liceo linguistico noto

come tale, “La Manzoni” ovvero scuola civica Manzoni, liceo linguistico, con due sedi nelle zone più periferiche di Milano. Essere accettati è affidato alla fortuna. Ogni anno 250 iscrizioni e 150 posti disponibili. Io sono stata sorteggiata al primo colpo e ho subito, con entusiasmo, informato la mia insegnante di inglese.

 

Non avevo chiesto a ragazzi che già la frequentavano se si trovassero bene, com’erano gli insegnanti ecc. La mia unica paura era il latino. Ma non mi sono trovata bene da subito. L’orario era lungo e sempre molto intenso ed i professori non hanno mai tenuto conto dei problemi che noi ragazzi abbiamo nel passaggio dalla scuola media a quella superiore.  Non essendo abituata ad un ritmo di studio così rigido, ho avuto la sensazione di dare un’impressione negativa ai docenti. 

Sono stata immediatamente costretta a lasciare perdere ogni attività estranea

alla scuola. Lezioni di batteria saltate, volontariato sospeso, palestra solo qualche volta, e anche le uscite del sabato sempre in pericolo. Con risultati modesti. 

Ma il peggio è che non mi sentivo arricchire dentro come mi aspettavo dalla scuola superiore. La scuola non poteva essere solamente studio fine a se stesso, senza visibili agganci con la realtà. In quel periodo mi sedevo a tavola malvolentieri perché temevo le cantilene dei miei genitori.  - Cambia scuola e non pensarci più. Ma perché non vuoi cambiare scuola? - Io pensavo alle mie compagne che pian piano conoscevo meglio, al Collettivo che finalmente si era formato, all’autogestione che stava per cominciare e alla quale speravo di dare il mio contributo. Ma ero combattuta anch’io perché parecchie lezioni diventavano un tormento.

 

Finalmente crollo e dico un timido sì, che potrei pensare di cambiare scuola. Scopro che l’Istituto Gentileschi non è solo Istituto tecnico ma anche liceo linguistico, che

il diploma che si consegue è lo stesso della Civica Manzoni. Mi informo con chi l’ha frequentato e chi lo sta frequentando. Ho ceduto, ma ho passato momenti brutti, chiedendomi se stessi facendo la cosa migliore per me. Durante la prima settimana avrei dato qualsiasi cosa per poter tornare nella mia classe precedente. Mi sentivo un’intrusa in mezzo a gruppi di amicizia gia formati. Ho avuto momenti di tristezza e di ripensamento, non ne parlavo con nessuno ma ero preoccupata e a volte infelice. Ma gli insegnanti erano tutti molto disponibili con me e mi hanno aiutata.

Il loro metodo era per lo più, finalmente, di interrogazioni spesso programmate.

In fondo bisogna studiare, capire e sapere. Le interrogazioni a sorpresa non danno una preparazione migliore. Sono andata a visitare il sito della mia nuova scuola

e ho trovato un’indicazione su come migliorare i metodi di studio. Non sono riuscita a seguirli alla lettera ma mi hanno certamente aiutata. Non tornerei più indietro,

mi trovo molto bene in un complesso scolastico particolare, con laboratori, piscina

e auditorium, corsi diversi che mi permettono di fare spesso nuove conoscenze.

 

        Alice

   QUANDO LE COSE VANNO BENE

Quando la strada è in salita…e si arriva alla meta.

La mia esperienza scolastica alle elementari è stata un poco particolare.

Ho frequentato la prima e la seconda elementare  in una scuola a Rho, dove da quanto posso ricordare, e da quanto mi riportano i miei familiari, non mi trovavo granché bene. Ero sempre triste e oltretutto mi ricordo che non andavo molto bene con i voti… raggiungevo appena le sufficienze, e proprio per questo quando mi sono trasferita in un'altra scuola mi sono ritrovata molto indietro con il programma.

Ho rischiato di dover ripetere la terza elementare: per me sarebbe stata la fine

del mondo! Mi ricordo ancora quanto era umiliante dover passare tutti gli intervalli in classe a cercare di recuperare storia, mentre gli altri erano fuori in giardino a giocare. Le mie insegnanti hanno fatto credere ai miei genitori per un lungo periodo di tempo che non sarei riuscita a passare in quarta. Purtroppo la scuola da cui provenivo aveva un ritmo di lavoro molto più lento e io sapevo appena la metà

delle cose che già conoscevano i miei nuovi compagni. Per fortuna poi ce l’ho fatta

e ho recuperato tutte le materie… infine sono sempre stata tra le prime della classe fino in quinta. Ho passato gli esami con ottimo e ho proseguito. Alle medie non ho mai avuto difficoltà nello studio, e, anche se a volte ero svogliata e non studiavo molto, trovavo sempre il modo di cavarmela e non farmi beccare dai professori.

I tre anni delle medie sono passati molto in fretta e il ricordo che ne ho è quello

di una esperienza molto serena e pacifica. Quest’ anno sto frequentando il terzo anno delle superiori. Per ora mi sono sempre trovata abbastanza bene, i voti

non sempre raggiungono le mie aspettative, ma mi accontento.

A spingermi nello studio, purtroppo, non sono motivi come: la voglia di conoscere

e sapere, oppure, sapere che sto imparando qualcosa di nuovo o trovarci una sorta di soddisfazione personale nel vedere i miei genitori orgogliosi di me.

A spingermi nello studio è semplicemente la conoscenza che senza un titolo

di studio e un minimo di cultura non sarei nessuno e che per potermi fare rispettare nella vita avrò bisogno soprattutto di tutto quello che sto imparando.

Se dovessi descrivere i miei stati d’animo dopo un interrogazione in cui ho preso otto, dovrei partire dicendo che mi sono semplicemente sentita fiera di me stessa.

Studio sempre da sola e prendere un otto sudato e guadagnato solo da me stessa

è semplicemente soddisfacente. All’inizio però, il primo pensiero è che il/la prof

mi abbiano dato una spinta e che non sia del tutto meritato, poi accantono questa possibilità e valuto quanto questo voto mi possa aiutare con la media e infine torno al posto soddisfatta. Se dovessi disegnare un grafico con il titolo: "ingredienti

per un buon successo scolastico" inserirei così i fattori in ordine d’importanza:

 

AUTOSTIMA

SENSO DEL DOVERE

INTELLIGENZA E DOTI PERSONALI

SOSTEGNO E FIDUCIA DEGLI INSEGNANTI

SOSTEGNO E FIDUCIA DEI GENITORI

BUONE TECNICHE DI STUDIO E MEMORIZZAZIONE

DESIDERIO DI SUCCESSO E DI RICONOSCIMENTI SULLE TUE CAPACITÀ

 

Sul piano scolastico il mio è un unico punto di debolezza, a volte difatti tendo

a lasciarmi andare e non seguire più il mio studio poiché penso spesso che al mondo ci sia molto di meglio da fare che seguire le lezioni tutti i giorni per 6 ore al giorno, buttando al vento tempo prezioso. Ai nuovi studenti auguro un buon anno di scuola, e spero che almeno fino ai 18 anni non si stanchino mai di imparare, ma soprattutto di crescere, perché in fondo è questo che ti dovrebbe insegnare la scuola.

 

 

         Marta Maerna, 3° F

 

 

 

   CONVIVERE CON LA DILESSIA

Questa è la mia storia, la storia di una ragazza che quando era piccola non riusciva 

a essere capita e dalle maestre non veniva ascoltata, che alla fine grazie all'aiuto

dei genitori ha capito di avere un problema: la dilessia.

 

PRIMO CAPITOLO.

 

La prima elementare.

Nelle ultime settimane di asilo la mia maestra di nome Carla disse a mia mamma una frase che poi si avverò: “Sua figlia non verrà capita”. Era il mio primo giorno

di scuola ed ero contentissima di andarci perché a me piaceva imparare e ascoltare, ma ben presto avrei scoperto che leggere era un ostacolo enorme, un muro invalicabile pieno di spine e di trappole. All’inizio di problemi non c’erano tanti, perché comunque non occorreva leggere ma solo scrivere la stessa vocale o consonante più volte nel foglio. Quando invece la maestra ha incominciato a dare

le schede dove bisognava aggiungere le vocali sorsero dei problemi.

Mettevo la E al posto della A e la A al posto della E.

La maestra diceva che mi confondevo così perché in casa parlavo inglese e se volevo migliorare mi conveniva non parlarlo più. Mia mamma smise di parlarmi in inglese, ma in italiano e le cose non miglioravano affatto. Iniziarono le prime insufficienze

e ogni volta che dovevo far firmare i brutti voti a mia mamma mi sentivo male perché sapevo che per lei era una delusione. Ma i problemi non finivano qui: quando iniziammo a fare le consonanti fu una  vera catastrofe. Confondevo le V

e le F, le Q e le P, le M con le N, le D con le B; era proprio un disastro, il mio quaderno era pieno di errori e di correzioni in rosso. Senza parlare delle SCI GHI GNI: quando ci volevano le I io non le mettevo e quando non ci volevano le mettevo, era proprio una strage. La cosa che non mi faceva sentire diversa dagli altri era che comunque andavo d’accordo con tutti i miei compagni di classe e con le maestre avevo instaurato un rapporto di amicizia. Iniziammo a comporre le prime frasi e ci fu

un ennesimo declino: le doppie erano la mia rovina, era una perenne battaglia tra

le righe, come se loro cercassero di farmi cadere e peggiorare continuamente

e io cercavo con tutte le mie forze di combattere, ma dopo neanche un’ora di lezione ero sfinita e mi distraevo. Così le maestre iniziarono a dirmi che ero una bambina distratta e senza voglia di fare. Non era vero, avrei voluto vedere loro a combattere perennemente con nemici più grandi di loro. Quello che mi rassicurava era che almeno in matematica andavo bene: mi piacevano i numeri, erano miei amici,

ma anche loro non potevano aiutarmi a sconfiggere le lettere. La mia prima maestra di matematica si chiamava Rosetta ed era simpatica, mi faceva fare le cose come se fossero un  gioco, mi divertivo e mi concentravo, ma anche alla fine di quelle lezioni ero sfinita, poi dovevo andare a casa a fare i compiti…. AIUTO!!!!

I compiti erano la cosa più difficile, anche perché ero stanchissima e non riuscivo

a concentrarmi. Quando per esempio dovevo scrivere per una pagina intera una  lettera o un numero, le prime due righe erano abbastanza belle me dalla terza

in poi erano tutte disordinate e quasi illeggibili; questo rafforzava l’idea della maestra Francesca (quella di italiano) che avevo poca volontà. Mi promossero,

ma sai, nelle scuole elementari è difficile che un bambino venga bocciato, soprattutto se è in prima…

 

La seconda elementare.    

Non so se sia stata peggio la prima o la seconda, sta di fatto che in seconda cominciai a leggere… quella parola… leggere… e ad alta voce, in classe, davanti

a tutti i  miei amici, sentirmi umiliata quando la maestra dava i voti sulla lettura. 

E poi quel cartellone in fondo alla classe con su scritto: "Tabella dei voti sulla lettura ad alta voce” era un incubo. Tutte le volte che la maestra pronunciava le fatidica frase: "ora leggiamo ad alta voce così vi metto i voti" mi sentivo sprofondare

nella mia sedia, nel mio piccolo banco mi sentivo piccola piccola e non sapeva

come fare, la temperatura del mio corpo si alzava e sentivo un calore improvviso. Tutte quelle lettere messe una di fianco all’altra che si muovevano e non mi davano pace… era come se cercassero un modo per mettermi in difficoltà e ci riuscivano. Leggevo lettera per lettera cercando di farle stare ferme, quelle maledette lettere, ma loro non mi ubbidivano e continuavano nella loro danza come se io non esistessi. La cosa che non capivo era come facevano gli altri a leggere così bene anche se le parole si muovevano. E come facevano a farle stare ferme e buone?

A quelle domande non riuscivo a dare una risposta. A mia madre sorse il dubbio che fossi dislessica, anche perché mia nonna lo era, allora andai a fare una visita

in un centro della Asl dove mi fecero dei test e mi dissero che non ero dislessica: secondo loro, come aveva detto la maestra, il mio problema era legato all’inglese.

"E già, l’inglese, qualsiasi scusa è buona per non aiutarmi!" pensai. Le lezioni erano sempre più difficili e la battaglia era sempre più dura, per la maestra ero sempre più distratta e mi distraevo troppo facilmente… sì sì, ma chi si credeva di essere,

io ci mettevo tutta la mia buona volontà ma nessuno era disposto a credermi

ed era come la battaglia con le lettere, non mi ascoltavano e non mi capivano…

Passai anche questa, venni promossa ma… Le maestre continuavano a dire "deve leggere a casa, così, continuando a provare, diventerà più brava". E già, diventerà più brava… sta di fatto che quando iniziarono a darci i libri da leggere a casa io sceglievo quelli più piccoli e con le lettere più grandi ma facevo tanta fatica, mi bruciavano gli occhi e… quante lacrime versate.  Perché non posso essere come

gli altri? E perché sono diversa? Anche se sapevo che non ero diversa, soltanto

non sapevo leggere, o meglio, sapevo leggere ma lentamente; e quando avevo finito quelle immense (per me immense voleva dire anche solo mezza pagina) righe,  c’erano così tante, tante parole che alla fine non avevano senso, cioè avevano senso(perché una storia deve avere un senso) ma visto che io mi concentravo sulla lettura delle parole non riuscivo a seguire il filo logico della storia e quindi mi perdevo.

 

La terza, quarta e quinta elementare.

Nuove materie nuovi problemi come geografia e storia. Non è stato difficile quanto la prima e la seconda perché poi mi sono adattata e me la cavavo. Mia mamma

e mio padre mi leggevano le cose e io così mi ricordavo quello che dovevo sapere

e quindi le interrogazioni non erano tanto brutte e poi in italiano recuperavo

i brutti voti della lettura con le poesie perché avevo sviluppato molto la memoria; poi ero brava nei temi fantastici. Mi ricordo che una volta la maestra ci aveva

detto che bisognava leggere tre pagine e poi ce le avrebbe fatte leggere in classe:

io le avevo imparate a memoria e fu una soddisfazione quando me le fece "leggere".

In quarta e quinta non ho avuto tante difficoltà anche perché erano cose abbastanza facili e andò tutto bene. All’esame finale ho portato degli argomenti che conoscevo bene, come, per geografia, l’Inghilterra, per storia la rivoluzione industriale,

e una poesia che aveva come titolo "Bambini nelle miniere".

 

 

SECONDO CAPITOLO.

 

Il passo

Prima media: una montagna di libri da studiare, libri con tante pagine e dentro

a quelle pagine tante parole. Una battaglia troppo grande, sarà dura...

E già, le scuole medie! Non avevo più maestre, avevo le prof. Quella di lettere,

che si chiamava Brusa, e tutte le altre, che erano più o meno otto. I compagni erano quasi tutti nuovi, ma io ho  legato presto con due compagne, Sara e Ylenia, due ragazze simpatiche gentili e che mi facevano sentire a casa quando ero a scuola. Purtroppo in ambito scolastico era un disastro: sì, avevo sviluppato il senso uditivo per ascoltare meglio quello che la prof diceva, e avevo memoria per memorizzarlo, ma in una giornata di sei ore era difficile stare sempre attenti, e poi combattere

con quei testi e quelle parole difficili! e in più si aggiunse un’altra cosa difficile:  prendere appunti. Non riuscivo a capire perché non ci riuscivo, le cose che scrivevo non avevano senso e in più, se riuscivo a leggerle era un miracolo, perché scrivendo veloce tralasciavo delle parole e quindi frasi intere perdevano qualunque senso.

Andavo male e quando sono andata a prendere il pagellino, c’è stata una completa delusione: quasi tutti non sufficiente, era bruttissimo, sarei stata bocciata. Ma… avevo qualche cosa, non potevo essere stupida: studiavo tanto, mi impegnavo

e il risultato era appena sufficiente. Non andava bene. Allora mia mamma andò

a parlare con i professori che le dissero che ero distratta, non seguivo le lezioni

e mi chiudevo in me stessa. Ma a mia mamma non risultava che io non studiassi perché studiavamo insieme. Mi ha portato all’ospedale di Niguarda, da un dottore privato questa volta. Prima ero andata all’ospedale S.Carlo, da un neurologo, perché avevo sempre dei gran mal di testa e lui mi fece un po’ di test e esami, poi mi mandò dal neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza. Quest’ultimo, dopo accurati test e molti incontri mi diagnosticò la DISLESSIA! Nella diagnosi c’è scritto: "dislessia di sviluppo che compromette significativamente i processi di apprendimento, ricadute anche sulle competenze metacognitive". Avevamo capito  il problema. Ora che sapevamo cos’era abbiamo incominciato a documentarci andando su internet

e facendo delle ricerche. Mia mamma ha trovato che in Inghilterra c’era un centro per chi è malato di dislessia dove ti danno degli occhiali con i quali migliori la vista del 75%. Fui promossa, per me quella promozione era  meritata ma in realtà

se non ci fosse stato il certificato sarei stata bocciata.

 

Seconda media.

Intorno a Pasqua andammo in Inghilterra e feci dei test: mi diedero un foglio grigio da mettere sulle pagine dei libri che leggevo e mi dissero che dopo sei mesi dovevo tornare così mi avrebbero fatto altri test e mi avrebbero dato gli occhiali.

Intanto lavoravo anche con il neuropsichiatria di Niguarda e le cose andavano sempre meglio a scuola, mi avevano assegnato una prof. di sostegno favolosa, era simpaticissima e andavamo veramente d’accordo. Le cose ora erano veramente più facili e quella battaglia con le lettere l’avevo vinta io e avevo raggiunto un traguardo che fino a pochi mesi prima sembrava irraggiungibile!!!

I voti miglioravano e all’alba della pagella avevo solo una insufficienza.

Mi sentivo benissimo ed ero contentissima.

 

Terza media.

Andava tutto per il meglio o quasi, avevano fatto un pasticcio con l’assegnazione delle cattedre e mi avevano assegnato un’altra prof di sostegno che però, non si sa perché, venne licenziata. La seconda era antipaticissima e poi me ne capitò una terza molto anziana. I miei genitori mi comprarono il PC e un programma che

mi leggeva le pagine che scannerizzavo. Tutti i miei compiti li facevo sul computer

e l’andamento scolastico era stabile, qualche insufficienza  l’avevo ancora, ma chi non ne ha! Nei temi non mi valutavano più la grammatica e così andava. Dovevo scegliere le scuola superiore ed ero indecisa. Dovevo trovare una scuola che andasse bene non solo per le mie qualità e il mio carattere ma che andasse bene

con il mio problema: ero indecisa tra alberghiero e turistico ma alla fine scelsi

di andare all'istituto Gentileschi. Agli esami fui promossa con "buono": un altro traguardo superato.

 

Prima superiore.

Ora sono passati cinque/sei mesi dall’inizio della scuola e mi trovo bene.

 

                                                          Amy Meloni

CONVIVERE CON LA DISLESSIA

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